come ridurre le microplastiche

La plastica è un materiale sintetico composto da polimeri, lunghe catene di molecole più piccole derivate dal petrolio o da altre sostanze organiche.

Grazie alla sua leggerezza, durabilità e modellabilità, la plastica si è rapidamente diffusa come materiale privilegiato di moltissimi settori produttivi, dal trasporto e packaging degli alimenti fino all’automotive.

Tuttavia, la scarsa biodegradabilità della plastica ( a seconda delle dimensioni, sono necessari tra i 100 ed i 1000 anni per ottenere la degradazione di un oggetto di plastica) la rende uno degli inquinanti più pericolosi e più diffusi

Cosa sono le microplastiche, quanto inquinano e come

Le microplastiche sono minuscoli frammenti di plastica, con dimensioni inferiori ai 5 millimetri. Possono essere primarie, quando sono prodotte direttamente in questa dimensione (come le microsfere nei cosmetici), o secondarie, quando derivano dalla frammentazione di polimeri di plastica più grandi da parte di agenti atmosferici. Quando le particelle sono ancora più piccole (< 1 micron) si parla invece di nanoplastiche.

Dopo essersi frammentate, queste particelle si diffondono in tutti gli ecosistemi e vengono ritrovate negli oceani, nei laghi, nei fiumi, nel suolo agricolo e persino nell’aria che respiriamo. Una volta disperse, sono estremamente difficili da rimuovere e persistono per centinaia di anni nonostante le minuscole dimensioni.

Le microplastiche vengono ingerite da una vasta gamma di organismi, dagli animali marini agli animali terrestri, entrando così nella catena alimentare e risalendola fino all’uomo, con conseguenze in fase di studio ma già fonte di grande preoccupazione per i primi dati scientifici raccolti (ne parlerò in seguito).

A questo riguardo, è stato introdotto il concetto di biomagnificazione della plastica, ovvero il fenomeno che si verifica quando le sostanze tossiche assorbite da un organismo, non essendo completamente eliminate dallo stesso, si accumulano nei tessuti e vengono passate all’organismo successivo nella catena alimentare, determinando un accumulo sempre maggiore dell’inquinante quanto più si procede lungo la catena.

Il problema è ulteriormente aggravato dal fatto che le microplastiche possono trasportare anche altre sostanze inquinanti, come pesticidi, metalli pesanti ed agenti patogeni, amplificandone gli effetti tossici.

Da queste considerazioni risulta evidente la necessità di ridurre le microplastiche disperse nell’ambiente, prima che possano determinare danni irreversibili agli ecosistemi ed all’essere umano.

In che modo le microplastiche possono danneggiare la salute

La presa di consapevolezza sulla presenza ubiquitaria di questi inquinanti nell’ambiente che ci circonda ha suggerito di indagare con urgenza i rischi per la salute delle microplastiche.

immagine tratta dall'articolo scientifico in referenza
Immagine tratta dallo studio: Li Y, Tao L, Wang Q, Wang F, Li G, Song M. Potential Health Impact of Microplastics: A Review of Environmental Distribution, Human Exposure, and Toxic Effects. Environ Health (Wash). 2023 Aug 10;1(4):249-257

Uno studio del 2024 evidenzia che le nanoplastiche (da 1 nanometro ad 1 micron) e le microplastiche (da 1 micron a 5 millimetri) possono entrare nel corpo umano attraverso:

  • apparato respiratorio per inalazione,
  • tratto digerente tramite il consumo di cibo o acqua contaminati
  • cute tramite il contatto con cosmetici ed indumenti

 Il bioaccumulo di materie plastiche nel corpo umano può portare ad una serie di problemi di salute, tra cui patologie respiratorie come neoplasie ai polmoni, asma e polmonite da ipersensibilità, sintomi neurologici come affaticamento e vertigini, malattie infiammatorie intestinali ed alterazioni del microbiota intestinale.

Inoltre studi in vitro hanno evidenziato che le nanoplastiche e le microplastiche possono indurre l’apoptosi nelle cellule e determinare effetti genotossici/citotossici.

immagine tratta dall'articolo scientifico in referenza
Immagine tratta dall’articolo: Ewa Winiarska, Marek Jutel, Magdalena Zemelka-Wiacek,The potential impact of nano- and microplastics on human health: Understanding human health risks.,Environmental Research,Volume 251, Part 2,2024

Un altro articolo del 2024 ha raccolto campioni di sangue da 36 adulti sani ed ha poi analizzato la concentrazione delle microplastiche utilizzando la spettroscopia infrarossa, i risultati ottenuti sono stati correlati con dati clinici e di laboratorio.

 Le microplastiche(in particolare polistirene e polipropilene) sono state rilevate nell’88,9% dei partecipanti e le concentrazioni erano significativamente più elevate nei soggetti con un maggiore uso di contenitori per alimenti in plastica. Dal punto di vista clinico, l’elevata concentrazione di microplastiche nel sangue è risultata statisticamente correlata ad un aumento degli indici infiammatori e del tempo di coagulazione.

Infine voglio citare un articolo di quest’anno, pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature, il quale dimostra, con avanzate metodiche di rilevazione, che le microplastiche (soprattutto il polietilene) sono presenti nei reni, nel fegato e nel cervello.

In particolare, il tessuto cerebrale è risultato essere quello con il maggior grado di accumulo delle microplastiche e la microscopia elettronica ha confermato la loro presenza nelle cellule sottoforma di frammenti simili a schegge. Il dato più allarmante riportato dallo studio consiste nel maggiore accumulo delle microplastiche all’interno dei tessuti cerebrali prelevati da pazienti deceduti con diagnosi documentata di demenza, in questi casi la deposizione dei polimeri prediligeva le pareti cerebrovascolari e le cellule immunitarie.

Questi studi raccolgono le prime importanti evidenze scientifiche a conferma dei rischi determinati dalle microplastiche ed ulteriori conferme sono attese da altri lavori in corso, tuttavia sembra già emergere un chiaro profilo di pericolosità per la salute umana.

Come ridurre le microplastiche a cui siamo esposti

Ridurre le microplastiche a cui siamo esposti richiede significativi cambiamenti delle abitudini quotidiane e di consumo: 

  • limitare l’uso di prodotti in plastica monouso, come bottiglie d’acqua, posate e cannucce; preferire alternative riutilizzabili in acciaio inossidabile o vetro.
  • prestare attenzione agli imballaggi alimentari, non riscaldare cibi in contenitori di plastica nel microonde poiché il calore può favorire il rilascio di microplastiche, scegliere contenitori in vetro o ceramica per conservare gli alimenti.
  • acquistare, quando possibile, prodotti sfusi ed utilizzare borse riutilizzabili per la spesa, riducendo l’acquisto di articoli eccessivamente imballati.
  • scegliere capi d’abbigliamento con tessuti naturali come cotone, lana e lino, evitando fibre sintetiche come il poliestere ed il nylon che rilasciano microplastiche durante il lavaggio; per i capi sintetici, considerare l’uso di sacchetti filtranti specifici per il lavaggio.
  • bere acqua filtrata direttamente al rubinetto o da una caraffa filtrante, dal momento che anche l’acqua potabile domestica può contenere microplastiche.

Si tratta di accorgimenti che, sebbene non eliminino completamente il problema, possono ridurre considerevolmente le microplastiche a cui siamo esposti.

Combattiamo insieme la diffusione delle microplastiche

Numerose organizzazioni internazionali stanno lottando contro la crescente minaccia delle microplastiche e sono in corso diverse iniziative a livello nazionale, europeo e globale in tal senso.

Volendo citarne alcune:

  • il progetto Plastic Smart Cities del WWF, che mira ad eliminare la dispersione di nuova plastica in natura entro il 2030, promuovendo buone pratiche nelle città.
  • il progetto “ProPla” del CNR, che sta sviluppando processi sostenibili per eliminare le microplastiche dall’acqua e produrre aminoacidi di risulta.
  • il progetto “Plasticentro” lanciato da Legambiente per liberare i fiumi dalla plastica.
  • a livello europeo, diversi progetti mirano a combattere i rifiuti marini dalla sorgente al mare, come In-No-Plastic per la rimozione della plastica dall’ambiente marino e SeaClear con robot automatizzati per la raccolta dei rifiuti sottomarini. L’Unione Europea ha inoltre approvato provvedimenti legislativi per la restrizione sull’uso volontario di microplastiche nei prodotti e la prevenzione della dispersione di pellet di plastica.
  • la campagna “Clean Seas” dell’UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) che mira a sensibilizzare e coinvolgere governi, imprese e cittadini nella riduzione dell’inquinamento da plastica.

Non c’è più tempo da perdere!

A chi raccomanda la calma sul problema delle microplastiche nell’attesa di ulteriori prove scientifiche, ho dimostrato che gli studi già esistono e mostrano evidenti rischi per la salute: queste microparticelle sono un pericolo per l’ambiente e per numerose specie animali, compreso l’uomo, e ridurre le microplastiche dovrebbe diventare una priorità delle politiche ambientaliste e di salute pubblica.

Se da un lato bisogna educare i cittadini alla corretta gestione degli oggetti inquinanti, dall’altro lato bisogna inziare a modificare radicalmente quei processi produttivi che continuano ad immettere ogni giorno tonnellate di plastica in giro, alimentando in modo incosciente un’emergenza già fuori controllo che pregiudica il futuro della nostra specie.

Ridurre le microplastiche è difficile ma necessario e possibile, richiede però lo sforzo di ognuno di noi ed il coraggio di una modifica sostanziale delle abitudini di consumo.

Contatti: dystopics@hotmail.com

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Di Ale

“Anche un viaggio di mille miglia inizia con un singolo passo.” (Lao Tzu)

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